Empirismo

John Locke, David Hume

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L’empirismo è una corrente filosofica che prende il nome dal termine greco empeiría, che significa esperienza. Secondo gli empiristi, l’esperienza sensibile è l’unica fonte di conoscenza, rifiutando ogni forma di sapere che non possa essere ricondotta a essa.
L’empirismo si contrappone al razionalismo, che invece sostiene che la conoscenza derivi dalla ragione e dalle idee innate. Per gli empiristi, tutte le idee provengono dall’esperienza, e non esistono concetti innati.

JOHN LOCKE

John Locke è una delle figure centrali dell'empirismo e della filosofia moderna. La sua opera principale, Saggio sull'intelletto umano (1690), rappresenta una critica all'innatismo e un'elaborazione del funzionamento della conoscenza umana basata sull'esperienza. Il suo pensiero avrà una grande influenza non solo in campo epistemologico, ma anche in ambito politico e sociale.
Locke apre il Saggio sull’intelletto umano con una forte critica all'idea di conoscenza innata, sostenuta dai razionalisti come Cartesio. Se esistessero idee innate, allora tutti gli uomini, compresi bambini e "selvaggi", le avrebbero. Tuttavia, poiché non troviamo traccia di queste idee universali in ogni individuo, esse non possono essere innate. L'esperienza, quindi, diventa l'unica fonte di conoscenza.
Ma se le idee non sono innate, da dove provengono? Locke suddivide le idee in semplici e complesse:
  • Idee semplici: sono le idee più basilari e derivano direttamente dall'esperienza sensibile. Si suddividono in:
    1. Idee di sensazione – derivate dalla percezione sensibile del mondo esterno (colori, suoni, odori, ecc.).
    2. Idee di riflessione – derivate dall’osservazione delle operazioni interne della nostra mente (pensare, dubitare, volere, ecc.).
  • Idee complesse: sono costruite dalla mente combinando idee semplici attraverso tre operazioni:
    1. Analisi – scomposizione delle idee nei loro elementi più semplici.
    2. Sintesi – combinazione di più idee semplici per formare concetti più complessi.
    3. Comparazione – relazione tra idee sulla base di somiglianze e differenze.
Questo processo ci permette di costruire concetti astratti e formulare giudizi sulla realtà.

Certezze e limiti della conoscenza

Locke riconosce che non tutto ciò che l’uomo pensa corrisponde necessariamente alla realtà. Esistono però due conoscenze certe:
  • L’Io – L’esistenza della propria soggettività è certa per intuizione, perché ognuno è consapevole della propria esistenza (similmente a Cartesio con il Cogito).
  • Dio – La sua esistenza può essere dimostrata attraverso una concatenazione induttiva, ovvero partendo dall’esperienza del mondo e risalendo a una causa prima.
Tuttavia, la conoscenza umana ha limiti ben precisi. In particolare, Locke sostiene che non possiamo conoscere la vera natura delle sostanze. Quello che chiamiamo "sostanza" è solo una costruzione linguistica: non conosciamo realmente l’essenza delle cose, ma solo le loro qualità percepibili.
Locke è profondamente critico nei confronti dell'idea di sostanza. Secondo la tradizione aristotelica e scolastica, la sostanza è ciò che sta alla base delle qualità sensibili di un oggetto. Tuttavia, per Locke, noi non percepiamo mai la sostanza in sé, ma solo insiemi di qualità (colore, forma, odore, ecc.). La sostanza diventa quindi un concetto oscuro e inaccessibile.
Lo stesso vale per il linguaggio: le parole non coincidono con le cose. Ad esempio, il termine uomo è un concetto universale, ma non corrisponde a nessuna sostanza reale. È solo una convenzione linguistica per riferirsi a un insieme di caratteristiche comuni.

DAVID HUME

David Hume è uno dei filosofi più importanti dell'empirismo e del pensiero scettico. A differenza di Locke, porta alle estreme conseguenze l'analisi della conoscenza, arrivando a una posizione profondamente scettica. La sua opera più importante è il Trattato sulla natura umana (1739-1740), in cui estende la riflessione non solo alla conoscenza, ma anche alla morale e alla politica.
Come Locke, Hume ritiene che non esistano idee innate, e che tutta la conoscenza provenga dall'esperienza. Tuttavia, egli distingue due tipi di percezioni:
  • Impressioni – Sono le percezioni più vivide e intense, derivanti direttamente dall’esperienza sensibile (ad esempio, il dolore di una puntura, il calore del sole sulla pelle).
  • Idee – Sono “copie sbiadite” delle impressioni, ovvero i ricordi e le immagini mentali che conserviamo dopo aver fatto esperienza di qualcosa.
L’immaginazione è la facoltà che permette di combinare e relazionare le idee tra loro. Ma, al di fuori dell’esperienza attuale, non possiamo avere certezze. Per Hume, quindi, la conoscenza umana si basa sulla sensazione presente, mentre tutto ciò che va oltre è solo credenza.
Hume individua inoltre tre principi attraverso cui le idee si connettono tra loro nella mente umana:
  1. Somiglianza – Se due idee si somigliano, tendiamo a collegarle (ad esempio, una foto ci fa pensare alla persona ritratta).
  2. Contiguità spazio-temporale – Se due eventi si verificano vicini nello spazio o nel tempo, li associamo mentalmente.
  3. Causalità – L’abitudine ci porta a ritenere che un evento causi un altro, ma questo non è dimostrabile.

Critica alla Causalità, alla Sosmiglianza e all'Io

Uno degli aspetti più rivoluzionari del pensiero di Hume è la sua critica alla relazione di causa-effetto. Tradizionalmente, si pensava che se un evento A causa un evento B (ad esempio, il fuoco brucia la carta), questa relazione fosse necessaria. Ma Hume contesta questa idea, sostenendo che non possiamo conoscere la causalità né a priori né a posteriori , poichè , non possiamo sapere in anticipo che il fuoco brucerà la carta, senza averlo mai visto accadere, nè , anche dopo aver visto bruciare la carta molte volte, possiamo essere certi che accadrà sempre in futuro.
La causalità, secondo Hume, è solo un’abitudine della mente: noi crediamo che il fuoco bruci la carta perché lo abbiamo visto accadere molte volte, ma questa non è una certezza assoluta, è solo una credenza basata sull’abitudine. Questa tesi mina le fondamenta della scienza e della conoscenza umana, poiché implica che nessuna legge di causa-effetto può essere dimostrata con assoluta certezza.
Hume riprende e radicalizza poi la critica di Locke al concetto di sostanza. Secondo la tradizione aristotelico-scolastica, la sostanza è ciò che sta alla base delle qualità percepibili di un oggetto. Ma per Hume, non percepiamo mai la sostanza in sé, solo un insieme di qualità sensibili. Di conseguenza, la sostanza è solo un’astrazione.
Lo stesso vale per l’io: mentre Cartesio affermava Cogito, ergo sum, sostenendo che l’io esiste in quanto pensante, Hume, invece, sostiene che non esiste un io permanente, ma solo un “fascio di impressioni” in continuo cambiamento. L’io non è qualcosa di stabile, ma solo un insieme di percezioni che variano nel tempo. Questo avvicina la visione di Hume a una concezione più materialista e vicina al mondo animale.

RIFLESSIONE MORALE

Secondo Hume, l'essere umano non agisce moralmente per obbedire a leggi universali, ma perché è guidato da inclinazioni naturali e sentimenti. In particolare, la simpatia svolge un ruolo centrale: è la capacità di provare emozioni insieme agli altri e di immedesimarsi nelle loro esperienze. Questo significa che non ci rispettiamo per un senso astratto del dovere, ma perché siamo capaci di sentire empatia verso gli altri esseri umani.
Hume si oppone quindi alle teorie morali razionaliste, come quelle di Kant, che basano la moralità su principi universali e logici. Per Hume, il "dover essere" (ossia l'idea che esistano obblighi morali universali) non può derivare dall'"essere" (la semplice osservazione della realtà), in quanto non vi è alcun legame logico tra fatti e valori. Questa è la cosiddetta "legge di Hume", che stabilisce che non si può dedurre ciò che si deve fare semplicemente da ciò che è.
Hume, seppur criticando la religione in quanto basata su credenze non dimostrabili, riconosce che essa può avere una funzione utile nella stabilità sociale. Egli, come Locke, vede la religione non tanto come una verità assoluta, ma come un fattore che aiuta a mantenere l’ordine e la coesione nella società.


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