SOFISMO

Protagora, Gorgia e Socrate

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I sofisti rappresentano una svolta fondamentale nella storia del pensiero greco, inaugurando un nuovo approccio alla filosofia che pone al centro la politica, il linguaggio e la capacità di persuasione. Operanti principalmente ad Atene nel V secolo a.C., i sofisti si distaccano dalla tradizionale riflessione ontologica e cosmologica dei filosofi precedenti, concentrandosi sull’azione umana, in particolare quella politica. Sono filosofi pragmatici che rispondono alle esigenze di una società in cui la partecipazione alla vita pubblica richiede abilità oratorie e persuasive. Tuttavia, il loro metodo e le loro intenzioni sono stati a lungo oggetto di critiche, soprattutto da parte di Platone e Aristotele.

I SOFISTI E LA POLITICA

I sofisti sono i primi filosofi a spostare l’attenzione dalla realtà metafisica al mondo pratico e sociale, introducendo una riflessione politica autonoma. Mentre nei pensatori precedenti l’etica e l’azione derivavano dalle loro dottrine ontologiche (come nei Katharmoi di Empedocle, in cui l’etica si comprende alla luce della sua concezione delle radici e delle forze cosmiche), i sofisti si concentrano direttamente sull’azione umana. La loro riflessione non è più legata a una visione universale dell’essere, ma si sviluppa intorno alla pratica e al vivere quotidiano, soprattutto nel contesto delle assemblee e dei tribunali ateniesi.
La loro principale preoccupazione è insegnare come convincere gli altri, specialmente in ambito politico. Per raggiungere questo obiettivo, i sofisti sviluppano e insegnano l’arte del discorso retorico, una tecnica che rende un discorso persuasivo e che poteva essere usata sia per il bene sia per fini manipolatori. Questo insegnamento, però, non era gratuito: i sofisti si facevano pagare per le loro lezioni, una pratica che suscitava numerose critiche.

CRITICHE AI SOFISTI

Platone e Aristotele offrono una valutazione severa dei sofisti.
  • Platone accusa i sofisti di essere manipolatori che usano il linguaggio non per cercare la verità, ma per ingannare e controllare gli altri.
  • Aristotele critica i sofisti per la loro superficialità, accusandoli di non indagare le cause profonde dei fenomeni, ma di limitarsi a insegnare tecniche persuasive senza preoccuparsi della verità.
Nonostante queste critiche, i sofisti sono figure di grande importanza storica. Essi mettono in luce il potere del linguaggio e la centralità della politica nella vita umana. Dimostrano che il linguaggio può essere uno strumento potente per migliorare o peggiorare la società, in quanto è capace di influenzare profondamente il pensiero e le decisioni delle persone.
Tra i più celebri esponenti della prima generazione di sofisti troviamo Protagora e Gorgia.
  • Protagora è noto per il suo aforisma: “L’uomo è misura di tutte le cose” (πάντων χρημάτων μέτρον ἐστὶν ἄνθρωπος). Questa affermazione sottolinea il relativismo sofistico, secondo cui non esiste una verità assoluta, ma ogni conoscenza è relativa al punto di vista dell’individuo.
  • Gorgia, invece, si distingue per il suo scetticismo radicale e per la sua abilità retorica, sostenendo tesi paradossali come quella che “nulla esiste, e se esistesse non sarebbe conoscibile”. Questi esercizi di stile dimostrano il potere della retorica nel sostenere anche posizioni apparentemente insostenibili.

PROTAGORA

Protagora, nato ad Abdera e scrittore in lingua greca, è uno dei più celebri sofisti dell’antichità, noto per il suo aforisma fondamentale:
L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono
Questo frammento, tratto da un’opera attribuita a Protagora, probabilmente Discorsi Opposti o Sulle Logoi (a seconda delle interpretazioni), costituisce il cuore della sua filosofia relativistica. Per Protagora, la realtà non è qualcosa di oggettivo e universale, ma dipende dalla relazione di ciascun individuo con essa. Ogni essere umano, in base alla propria percezione e interpretazione, determina cosa esiste o non esiste.
Protagora rivaluta il concetto di doxa (opinione), che era stato svalutato dai filosofi precedenti, come Parmenide. Se per Parmenide ciò che è, lo è universalmente per tutti, Protagora sostiene invece che ogni individuo ha un rapporto personale e relativo con la realtà. Questo implica che non esistono verità o valori assoluti: ciò che vedo e percepisco è reale per me, mentre ciò che non percepisco non esiste per me.
Questa posizione fa di Protagora il fondatore del relativismo, una concezione gnoseologica e morale secondo cui non esistono conoscenze o valori universali. Ogni verità è relativa al soggetto che la esperisce. Questo pensiero mette in discussione le basi del pensiero di Zenone e Parmenide, per i quali la realtà è unica, stabile e indipendente dall’individuo.

LA POLITICA E LA RETORICA SECONDO PROTAGORA

Da un punto di vista politico, il relativismo sofistico ha implicazioni significative. Se la verità non è universale, allora la realtà politica si basa sulla capacità di convincere gli altri. Questo porta a una situazione in cui il "più forte" non è necessariamente colui che detiene il potere fisico, ma chi è più abile nell’arte della persuasione.
Secondo i sofisti, chi governa deve essere colui che sa di più e che possiede la capacità di influenzare e persuadere. Tuttavia, questa abilità non garantisce che il governante sia moralmente buono; potrebbe essere tanto una persona giusta quanto una ingiusta.
Protagora, insieme agli altri sofisti, è uno degli inventori della retorica, l’arte di sostenere una tesi e persuadere gli interlocutori. La retorica si basa su una comunicazione unidirezionale, in cui l’obiettivo principale è convincere gli altri, spesso facendo leva sulle loro emozioni e sui loro desideri.
In questo senso, la retorica si distingue dalla dialettica:
  • La retorica è un discorso diretto verso un pubblico, senza un vero confronto.
  • La dialettica, invece, è un dialogo reciproco, in cui le posizioni vengono analizzate e messe in discussione attraverso un confronto critico.
L’uso della retorica può portare sia a risultati positivi sia a conseguenze negative, poiché con il linguaggio si possono convincere le persone anche di tesi errate o immorali. Protagora e i sofisti sono consapevoli di questa ambivalenza e ritengono che sia fondamentale la formazione personale per discernere ciò che è positivo da ciò che è negativo.
La riflessione di Protagora pone l’accento sull’importanza della formazione e dell’educazione per sviluppare la capacità critica necessaria a distinguere discorsi validi e moralmente corretti da quelli manipolatori. Solo chi ha una solida preparazione è in grado di difendersi dai discorsi retorici ingannevoli e di riconoscere la bontà o meno di una tesi.

GORGIA

Gorgia di Leontini, originario della Sicilia e allievo di Empedocle, è il sofista che più di ogni altro valorizza il linguaggio come strumento centrale del pensiero e della realtà. La sua filosofia ruota attorno al potere della parola e alla sua capacità di creare la realtà. Di Gorgia ci rimangono opere e frammenti fondamentali, tra cui il famoso passo tratto dal Sull'Essere o sul Non Essere, dove esprime una tesi radicale articolata in tre punti:
l'essere non é; se anche fosse, non sarebbe conoscibile; se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile.
Questa posizione rappresenta una critica diretta a Parmenide e alla sua metafisica. Parmenide aveva postulato l'esistenza di due vie: quella dell'essere e quella del non essere. Tuttavia, secondo Gorgia, affermare che il non essere "è" costituisce un errore logico. Egli porta all'estremo questa riflessione, negando non solo l'esistenza dell'essere, ma anche la possibilità di conoscerlo e comunicarlo.
Per Gorgia, gli unici testimoni della realtà sono i sensi, ma questi non sono in grado di cogliere un universale razionale. Ciò implica che non esiste una base ontologica certa su cui fondare la conoscenza. Ogni percezione è soggettiva: ciò che è dolce per una persona potrebbe non esserlo per un'altra. Questo porta Gorgia a mettere in discussione non solo l'essere, ma anche la possibilità di una realtà condivisa.

LA PAROLA E LA REALTÀ

Se non esiste una realtà oggettiva, come possiamo intenderci? Gorgia risponde che questo avviene grazie alle convenzioni culturali. La realtà condivisa non è data dall'essere, ma dalla parola. In questo senso, il linguaggio non descrive ciò che esiste, ma crea l'esistente.
Questo tema è sviluppato nel suo celebre Encomio di Elena, un'opera in cui Gorgia difende Elena di Troia, spesso considerata responsabile dello scoppio della guerra. In questo testo, egli dimostra che la parola può compiere azioni straordinarie: persuadere, ingannare, emozionare. La parola è quindi un "corpo inesistente" che, pur non essendo materiale, possiede un potere immenso.
Gorgia si distingue da Protagora per la sua posizione ancora più radicale. Se Protagora è un relativista gnoseologico, che afferma che l'uomo è misura di tutte le cose senza negare l'essere, Gorgia spinge oltre, negando l'esistenza stessa dell'essere e qualsiasi distinzione tra soggetto e oggetto. Questa posizione lo colloca in un ambito solipsistico, in cui la realtà è interamente creata e vissuta dal soggetto attraverso il linguaggio.
La posizione di Gorgia è stata spesso definita nichilista. Il termine "nichilismo" deriva dal latino nihil (niente) e si riferisce alla negazione di qualsiasi fondamento ontologico o metafisico. In questo senso, Gorgia è un nichilista poiché nega l'universalità dell'essere, riducendo la realtà a una costruzione soggettiva e linguistica.


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